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Giorno 23 - Riflettiamo

Aggiornamento: 6 apr 2020

È dura, non ce lo nascondiamo.

Non raccontiamo bugie.

Sicuramente non è una situazione simpatica da vivere, nè facile da affrontare.

Non lo è per i contagiati che lottano negli ospedali, tra la vita e la morte;

non lo è per i medici e gli infermieri che, rischiando di contrarre il virus, dedicano tutto loro stessi per arrestare la pandemia.

Non lo è per chi piange quotidianamente le vittime, famiglie, mogli, mariti, figlie, figli.

Non lo è per il governo stesso, chiamato a prendere decisioni delicate e importanti in un tal momento critico.

Ci sono poi le piccole e medie aziende, che non sanno se e come riapriranno,

ma chi può cerca già di reinventarsi tra l'e-commerce e lo smart working.

E i possessori di partita iva? Non dimentichiamoci di loro che sicuramente sono tra i più penalizzati.

Ci sono i lavoratori in nero, che non rientrano nei dati ufficiali ma ovviamente risentono anche loro del lockdown.

Ma non posso non citare tutte le persone ai margini della società, senza una casa, senza un lavoro, senza una famiglia, svuotati dal sistema della loro dignità.

I più anziani rimasti soli ed isolati, i senza tetto o senza fissa dimora ora soli più che mai.

Anche loro soffrono e ne risentono, forse anche più di noi.

Noi però, a differenza loro, abbiamo una casa dove poter stare, un divano su cui sederci comodamente e passare le nostre giornate.

Nella nostra casa abbiamo anche qualcuno a farci compagnia (in molti casi), una moglie o marito, una fidanzata/o ,una/o coinquilina/o oppure il nostro quanto mai amato cane che è anche la scusa per poter fare quattro passi.

Abbiamo internet che ci tiene compagnia con i nostri portali di streaming e anche le videochat quotidiane con i nostri cari.

Siamo in grado di andare a fare la spesa, acquistare del cibo e nel caldo delle nostre cucine preparare appetitose pietanze.

Non dico che è bello rimanere a casa.

O meglio, per me lo è perchè riesco finalmente a godermi mia figlia appena nata h24.

Ma per tanti è una costrizione.

Ma fermiamoci e riflettiamo.

È davvero cosi sacrificante rimanere in casa?

Ci sono tante sofferenze e tanti sacrifici ben più seri.

Molti nostri simili attraversano il Mediterraneo su gommoni o fragili barche di fortuna, rischiando la vita in cerca di serenità e diritti, che per colpa nostra nei loro Paesi non possono ottenere.

A Gaza anche in questi giorni, nonostante l'emergenza Covid-19, Israele, con il benestare di tutto l'Occidente, continua a far piovere bombe incessantemente sulla testa del popolo palestinese.

Intere famiglie vengono martoriate quotidianamente in Siria, in Libia, o in Yemen dove la guerra non conosce interruzione, dove gli interessi non si fermano di fronte all'umanità.

In Africa intere nazioni continuano a vivere in condizioni disastrose sotto la soglia di povertà, dove malattie e carestie sono all'ordine del giorno.

Tra Sudan e Chad c'è una guerra e la conseguente carestia da almeno 20 anni senza interruzioni, in Etiopia, in Somalia in Kenya e in tutta l'Africa Orientale le popolazioni stanno affrontando la peggiore invasione di locuste della storia.

So che rimanere rinchiusi non è una condizione da esseri umani ma, alla luce degli spunti di cui su, possiamo definire la nostra una reclusione?

Se proviamo a guardare con un‘ottica più ampia, con uno sguardo più altruistico e

con un tocco di empatia in più, possiamo comprendere che il nostro isolamento, a confronto, è una vacanza 5 stelle.

Ho visto qualche giorno fa un meme su facebook o twitter che ricordava come ai nostri nonni veniva chiesto di abbandonare casa, famiglie e figli per combattere, andare in guerra e difendere la nostra patria, senza nessuna certezza di sopravvivenza.

A noi, invece, ci viene chiesta solo un'azione per il bene comune.

Ci viene richiesto solo di stare in casa con tutti i comfort, stare sul divano e godere del nostro tempo.

Non mi sembra male, in fondo.

Riflettiamo.


Il rispetto prima di tutto, #restiamoacasa.

RESTIAMO UNITI.

F.



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