Viviamo nell'epoca del consumismo.
E noi, per definizione siamo l'homo consumens.
L'imperativo è avere, comprare.
Lavoriamo per guadagnare e per poter spendere, anche se poi ci manca il tempo per poter godere di quello che acquistiamo.
Fagocitiamo ogni articolo nella macabra routine del tutto e subito.
Acquistiamo su internet, acquistiamo nei negozi.
Libri, vestiti, articoli sportivi, scarpe, cappelli, dischi, articoli di igiene personale.
Qualsiasi prodotto possa servire a placare, anche solo per pochi istanti, per pochi momenti, la nostra sete di comprare.
Compriamo per appartenenza, per sentirci parte di questo o quel brand.
Compriamo per sfogare nella compulsività le frustrazioni quotidiane.
Compriamo per consumare.
Ed in questo circolo vizioso nulla è scevro dal consumismo.
Nemmeno la musica, seppur con le dovute eccezioni.
Nata come arte elevata, purtroppo è oggi troppo spesso relegata a mero commercio.
Non parlo di generi musicali, anche perchè il "mercato" ha inglobato ogni genere, anche quello più di nicchia se può trarne profitto.
Non parlo di gusti, ciò che può o non può piacere a me o a te che stai leggendo.
Parlo di essenza.
La musica può essere strumentale, dove a "parlare" sono le note con le loro altezze diverse ed i timbri dei differenti strumenti che, mescolati assieme, creano un'armonia.
L'armonia dà forma e vita al mood e all'atmosfera del brano in base al tempo e alle frequenze, così un brano riesce a trasmettere allegria, ansia, frenesia, gioia, tristezza, romanticismo, positività.
Oppure c'è la musica fatta dal testo assieme alla strumentale.
Ed è proprio in questa tipologia di musica che il consumismo ha lacerato maggiormente questa nobile arte.
Perchè viene depauperata delle sue funzioni più nobili e viene svuotata dei suoi argomenti.
L'unico scopo è alimentare questo strumento di guadagno di Major e grandi distributori.
Il testo, e quindi i contenuti, divengono solo una funzione dell'orecchiabilità.
Vengono studiati appositamente affinchè possano essere più semplici, leggeri e basilari possibili.
Devono avere ritornelli o melodie molto ripetitive che possano esser memorizzate e canticchiate da tutti.
Di facile fruibilità per il pubblico a cui si rivolge.
Non deve appesantire l'ascoltatore e non deve nemmeno intrinsicamente farlo pensare.
Devono essere temi ed argomenti in cui "la maggior parte" ci si può rispecchiare, siano essi ragazzini o adulti.
Parlare di storie banali oppure di quotidiane difficoltà.
In pratica, questa tipologia di musica subisce lo stesso identico processo e studio di marketing di un qualsivoglia prodotto di consumo elencati all'inizio di questo articolo.
Diviene in sostanza musica di intrattenimento, musica di consumo.
Non parte più dalla spontaneità dell'artista, dal background socio-culturale di un autore,
dalla voglia di esprimere un proprio disagio o un personale punto di vista, per poi poterla confezionare al meglio e pubblicizzarla o promuoverla dignitosamente.
La musica di consumo, infatti, viene prodotta all'inverso e cioè si studiano le tendenze, i temi "social" più in voga, gli artisti del momento, le hit e da chi sono “costruite“.
Si parte dalla finalità "commerciale" e si costruisce il prodotto ad hoc.
Ed ecco che subiamo ogni anno i vari trend stagionali: il reggaeton, le chitarrine in levare, l'autotune, gli hi-hats o gli snares in 16esimi o 32esimi, la parte rappata nel pop, i brani acustici solo chitarra e voci ecc...
In sostanza un livellamento al basso, un appiattimento di tematiche e varietà musicale. Solo tante copie di X o Y per poter vendere.
Come in una catena di montaggio, prodotti assemblati pronti per esser dati in pasto alle radio o ai grandi magazine che veicolano poi la promozione e spingono gli ascolti in classifica e negli streaming (quì si potrebbe aprire un discorso a parte altrettanto ampio).
Sempre più rari sono i testi scomodi, i contenuti fuori dal coro, artisti che partono da un bisogno di esprimersi.
Sempre più raro che nuovi artisti che possono emergere e farsi spazio da soli, nonostante la tecnologia ce lo permetta (pochi casi di indipendenti arrivati al mainstream ci sono sempre). Sempre più rara è la genuinità dell'artista. Sempre più difficilmente si può raggiungere certi canali se non spalleggiati da grandi team di social media minchia o da manager di peso, da A&R di grandi etichette e rappresentanti vari.
Purtroppo anche in questo settore artistico il capitalismo fa da padrone.
Allora l’augurio dal profondo del mio cuore è che ci possa essere meno musica di consumo e più consumo della Musica.
Quella con i contenuti, quella con la passione, quella con il cuore.
Perchè la musica di consumo può durare una stagione, forse due, per poi sprofondare nell'oblio del dimenticatoio di massa. La Musica con la M maiuscola, quella fatta con il cuore, perdura in eterno.
F.
Comments