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Immagina come si possa sentire un palestinese

Immagina una storia inventata.

Non una fiaba, ma un racconto.

Un racconto ai limiti dell’assurdità logica e giuridica.

Immedesimati 5 minuti in questa esperienza drammatica.

Ci sei? Pronto?

Allora, immagina di nascere e vivere da anni in un luogo.

Un luogo di certo non sempre sereno e pacifico.

Sotto diverse dominazioni storiche.

Ma è comunque la tua terra, la terra che ha dato i natali a te, ai tuoi nonni, ai tuoi bisnonni e ad altri prima di loro.

E così indietro nel tempo.

La Palestina e tu sei un palestinese, un arabo.

Un palestinese qualunque.

Un palestinese umile che vive di agricoltura e conduce una vita semplice.

Poi immagina ancora che così, da un giorno all’altro, qualcuno inizia a scrivere e parlare di un progetto di trasferirsi nella tua terra (leggasi Sionismo nda).

Di ritornare lì, dove abiti tu.

Non una singola persona, ma un gruppo di persone.

Un gruppo di persone unite da una religione.

Gli ebrei, il popolo di Israele, gli israeliani.

E non vogliono solo trasferirsi queste persone nella tua terra, ma vogliono che tu ceda parte della tua terra natia a loro.

Parte delle tue città.

Come concessione dovuta perché a ritroso nel tempo alcuni loro discendenti hanno abitato in quella tua terra.

Abitato ho detto, non hanno mai posseduto quella terra, o avuto una nazione lì.

Quella terra è sempre stata la Palestina, sin dagli antichi greci e romani.

Sotto diversi domini, fulcro di diversi popoli e religioni. Romani, Persiani, Bizantini, Arabi, Ottomani, Ebrei, Cristiani, Musulmani.

Ma pur sempre Palestina.

E tu sei un arabo palestinese. Lo eri durante la dominazione ottomana, lo eri durante il mandato britannico, lo sei tutt’oggi.

Immagina ora che questi israeliani, nel loro intento, siano avallati da gran parte del mondo.

Quella parte del mondo che ha colonizzato, sfruttato e depredato risorse, territori e popoli in giro per il mondo.

L’Occidente appunto.

E immagina ancora che questi israeliani abbiano pertanto un forte potere economico, un esercito militare all’avanguardia, tecnologie sofisticate e armi letali.

Immagina così che arbitrariamente decidano di stabilirsi nella terra di Palestina.

Stabilirsi e creare nella terra palestinese uno stato.

Con struttura politica diversa, con una tradizione diversa.

Lo stato di Israele, appunto.

Allora immagina come possa reagire tu, la tua famiglia, i tuoi parenti.

Ti espropriano terre, case ed attività commerciali, risorse.

Perché devono far spazio a questo nuovo stato di Israele e al ritorno degli ebrei.

Immagina cosa possa pensare il tuo vicino di casa o il tuo datore di lavoro.

Non accetteresti sicuro di buon grado. Anzi, nessuno accetterebbe.

Saresti portato a pensare che loro sono invasori, colonizzatori. Giustamente.

Immagina che questo Israele, diventi Stato per imposizione. Nella tua terra.

Tu non accetti, ma vieni forzato a conviverci.

L’Occidente decide che dovete lasciare territori a questo stato.

Allora immagina ancora che questo stato di Israele si espanda sempre più e il tuo popolo si appella alla Corte Internazionale di Giustizia.

Nessun risultato.

Con la forza, con le armi, con la guerra, Israele si allarga.

Così il tuo stato chiede supporto militare e logistico alle nazioni limitrofe tue alleate.

Nulla. Israele è ben armato, ben finanziato. Continua a fagocitare terreno.

Immagina che inizi a vessarti, toglierti spazi sociali, spazi politici.

E così vi organizzate per la resistenza e i diritti politici del vostro stato (OLP-ANP-Fatah).

Lo Stato della Palestina.

Ma Israele avanza, non si arresta, conquista.

Ancora case, intere quartieri e imprese che un tempo erano di quel tuo amico, di quel tuo conoscente, di quel tuo dirimpettaio.

Spazi vitali per una popolazione intera. La tua popolazione.

Immagina che Israele faccia della forza un metodo per conquistare.

Ma tu non ci stai, voi non volete, non accettate.

Nutri rimorsi e cresce il malcontento.

Immagina ora, decenni dopo decenni, che questo malcontento cresca sempre più.

Immagina che anche nella tua popolazione vengano fuori alcuni radicali che, a differenza tua, ritengono che bisogna combattere contro l’invasore.

Boicottare l’invasore, aggredire l’invasore, resistere all’invasore. Ecco Hamas.

Allora oltre ad Israele, avviene anche uno scontro intestino tra voi palestinesi.

Una contrapposizione tra Hamas e Fatah.

Tra chi vuole rispondere all’oppressore con terrore e violenza e chi vorrebbe parlare, discutere, mediare.

Tra radicali e moderati, per farla semplice.

Una lotta che logora la vostra unione palestinese e favorisce Israele.

Immagina, così, che in men di 70 anni, Israele ti costringa in un territorio sempre più piccolo.

Claustrofobico.

Stretto dietro a recensioni, filo spinato e checkpoint.

Per controllare e non lasciarti spazio.

Non si esce e non si entra se Israele non vuole.

Né dal cielo, né da terra, né dal mare.

Immagina allora che i tuoi concittadini radicali di Hamas agiscano bruscamente. Sempre alla violenza con altra violenza.

Delle volte sono azioni, altre reazioni.

Cruda Violenza.

Resistente Violenza.

Brutale Violenza.

Non è mai un bene. La violenza alimenta odio, l’odio nutre l’intolleranza.

Ma si sentono braccati, depredati. E lo sono. E lo siete. E lo sei.

Vi sentite soli, isolati.

Abbandonati dalla comunità internazionale intera.

Divisi nella comunità palestinese.

Mal coordinati, e non coesi.

Deboli, non compresi, non ascoltati.

Da padroni, da cittadini siete ospiti, esclusi.

Reclusi.

Ciò che era tuo, ora non lo è più.

Al parco dove passeggiavi con tuo figlio ora non hai più libero accesso.

Immagina come ti possa sentire.

Tu palestinese.

Umile e Moderato.

Non un terrorista.

Non uno di Hamas.

Non uno di Fatah.

Non un filo Israeliano.

Un cittadino arabo comune.

Sei schiacciato tra la violenza oppressiva di Israele e quella resistente di Hamas.

Rimbalzato tra i proclami politici di Fatah e le urla di Hamas.

Tu non vuoi la guerra, non sei violento.

Vuoi solo che l’invasore vada via.

Che tutto torni calmo.

Che la tua gente sia ascoltata nelle Corti Internazionali.

Che il diritto della tua gente sia ristabilito.

Che la tua terra ritorni sovrana.

Che tu possa riavere il tuo spazio e la tua libertà.

Il tuo lavoro.

L’accesso al mare.

L’accesso alla città.

Il tuo passaporto.

La tua dignità.

Senza dover vivere con l’ansia delle sirene spiegate per uno strike aereo.

Senza vivere con il timore che tuo figlio possa morire mentre gioca per strada con la palla.

Allora fermati.

Fai un respiro profondo.

Immagina che questa non sia un racconto di fantasia ma una storia vera.

Anzi direi un incubo.

Quel palestinese non sei tu.

Ma potresti essere tu, il prossimo “palestinese”.

Perché questa è un’ennesima storia di conquistatore e conquistato.

Di Colonialismo, o neo Colonialismo.

Di diritti negati o calpestati.

Dove il più forte detta le regole.

Dove non c’è spazio per chi è più debole.

Immagina l’assurdo. Ma tutto questo, è assurdamente reale.

Anche se siamo nel 2021.

Allora immagina come si possa sentire un palestinese.

Ogni giorno.

Da oltre 90 anni.

Immagina…..

Puoi!

Immagina….

Resisti!

Resistete.

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🇵🇸 Palestina Libera 🇵🇸

——

F.

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