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Ambassadors - Viktor T (Psalm Collective)


logo disegnato da Daen Ambassadors Conversazioni con crew, promoter,’operator, dub masters, mc’s, attivitsti, singers del movimento e della cultura dei sound system. La rubrica che parla attraverso la prospettiva e le esperienze di attori, famosi e non, di un movimento in continua evoluzione da oltre 80 anni. Non abbiamo la pretesa di scrivere la Storia, ma solo di raccontarne alcuni episodi più o meno recenti, attraverso lo sguardo di chi ne fa o ne ha fatto parte. Oggi, direttamente da Campobasso, intervistiamo Viktor, membro di Psalm Collective. Il collettivo è di piena ispirazione RasTafari, ed ha l’obiettivo di diffondere e tramandare messaggi di consapevolezza, amore, pace e armonia attraverso il sound system in particolar modo, ma anche tramite l’organizzazione di eventi sociali e sportivi. Da una decina di anni milita nella scena sound system Italiana ed è per questo motivo che abbiamo deciso di fargli qualche domanda sulla sua esperienza all'interno di questo variegato ambiente.

Enjoy.

 

Question Time

1-Come hai iniziato questo percorso nella cultura reggae?

Ho iniziato ad appassionarmi al reggae passando per l’hip hop e il rap, che ascoltavo e “studiavo” dall’età di 15 anni circa. Nella mia città, Campobasso, c’era un locale gestito da un amico, dove ogni sabato o quasi potevi ascoltare djset hip hop e selezioni reggae, ogni tanto c’era qualche serata con ospiti da fuori (vedi One Love, CleanHeart da Pescara, Lion D); è così che ho iniziato ad ascoltare reggae.

Intorno ai 18/20 anni ho iniziato a sentire la chiamata di RasTafari, e ad interessarmi maggiormente ai contenuti delle canzoni; l’hip hop che mi era sempre interessato di più era quello cosiddetto conscious, incentrato su temi quali le battaglie socio politiche e per i diritti civili degli Afro-Americani, ma non mi piaceva troppo la scena del Gangsta Rap che iniziava a prendere piede, così ho iniziato a ricercare nel reggae la consapevolezza che non trovavo più solo nel rap.

Traducendo i testi, guardando molti documentari su Marley e sulla scena giamaicana, ho iniziato ad ascoltare sempre più reggae e a concentrarmi su tutto la cultura, lo scenario e le dinamiche di riferimento.

2-Con quale / quali sounds sei cresciuto?

Per quanto riguarda la scena italiana, sono partito da One Love HiPowa e Clean Heart Sound Station, per i motivi di cui sopra; poi anche grazie all’amicizia e alla frequentazione che si era intensificata nel tempo, Imperial Sound Army è sicuramente stato tra i primi e i più influenti.

Per quanto riguarda la scena europea/internazionale, sicuramente Aba Shanti I e Jah Shaka sono stati importanti, ma primo fra tutti è Channel One, sia per la qualità delle selezioni che per gli speeches sempre improntati all’educazione e all’intrattenimento in un modo unitario e mai scontato.

3-Qual’è il ruolo di Rastafari nel reggae e nella società di riflesso?

Il ruolo di RasTafari nel reggae e nella società è assolutamente centrale. Io credo fermamente che non si sarebbe vista la diffusione del reggae a livello internazionale, come la conosciamo e vediamo oggi, senza l’influenza e la centralità che le tematiche RasTafari hanno all’interno di questa musica e cultura. Il reggae è la musica del Re, ed è la musica della ribellione, della libertà, della regalità, a 360 gradi, ed è stata espressione di istanze molto sentite in Giamaica dai sufferers e dai primi fratelli Rasta. Nella società odierna, afflitta ancora purtroppo, da scontri razziali, da guerre fra stati e popoli, da guerre economiche e commerciali insulse, dalla globalizzazione, dal capitalismo più becero e narcisista, dall’egoismo e dall’individualismo, dal culto dell’apparenza, dall’ignoranza etica e morale, io credo che Haile Selassie I rappresenti la Via della salvezza per il genere umano.

I discorsi del Re, la sua opera politica, il Suo slancio etico e morale, l’ideale dell’Africa unita, della liberazione dei popoli dalla schiavitù fisica e mentale, l’importanza che ha sempre conferito all’educazione, alla cura del sé, sia dal punto di vista fisico che spirituale e mentale, la centralità della cooperazione tra Stati e popoli e della risoluzione pacifica delle dispute, l’idea che lo sviluppo tecnologico e materiale debba andare sempre di pari passo con quello spirituale e morale, il tutto attraverso l’Esempio e non soltanto le parole, sono le chiavi di lettura e le risposte che servono all’Umanità in questo secolo e nei secoli a venire.

La mia musica, le mie selezioni, e anche i miei testi sono impregnati di tutto ciò, e spero scrivendo di poter rappresentare al meglio ciò che credo e cerco di vivere e testimoniare ogni giorno. Educazione e intrattenimento, nel reggae, dal mio punto di vista, camminano mano nella mano: attraverso l’una, trovi l’altro, e viceversa.

4-Quanto è importante la competizione all' interno della scena dei sounds?

La competizione sana, per usare un termine sportivo l’ “agonismo”, sono sempre importanti, perché ti permettono di migliorarti e a tua volta, attraverso i tuoi miglioramenti, di migliorare gli altri, a Dio piacendo.

Ognuno deve fare il suo poi, per come si sente e crede; non sono mai stato un amante dei clash, ma credo che una sana voglia di migliorarsi rispetto a qualcun altro sia un giusto stimolo.

L’importante è non giocare “a chi ce l’ha più grosso”, secondo me, rischiando di svilire musica e cultura di riferimento. Sinceramente, in alcune circostanze mi è sembrato che ciò avvenisse, a discapito di concetto, contenuto e divertimento.

5-La situazione più divertente / peggiore che hai visto ad una danz.

Non parlerei di situazioni divertenti durante una danz, ma di danz interessanti.

Tra le più belle della mia vita, in veste di spettatore, Jah Shaka al Rototom Sunsplash nel 2006, se non ricordo male, e Channel One a Napoli, organizzato da BabaBoom HiFi (respek) nel 2015, sempre che la memoria non mi inganni.

Da organizzatore/promotore/soundman, tutte le stagioni del Rockfort Roots organizzato a Campobasso e le session con Psalm Collective, da quelle partecipate a quelle con poche persone, per l’impegno e la condivisione e lo spirito di cooperazione che si era creato con la crew di Psalm e con le crew/sound che partecipavano, in particolar modo Gargano’s Militant HiFi (family thing).

Tra le peggiori, un paio di serate al Villaggio Globale a Roma, forse, per la situazione un po’ di degrado, non certo per intenzione dei promoter o dei sound. In ogni caso, non mi piacciono, come dicevo, le serate dove si cerca di dimostrare quanto “ce l’hai grosso” e dove si dà più importanza al sound fisicamente inteso che non al messaggio, al contenuto e all’intrattenimento del pubblico.

6-Reggae e dub? stesso genere o due distinti?

Il reggae, per come la vedo io e per quello che ho capito e esperito nella mia vita, è il genere, il dub è un modo di fare musica reggae, uno stile, se così vogliamo definirlo.

Non a caso il dub nasce come manipolazione di suoni e basi e canzoni reggae.

Generalmente non sono interessato alla disputa che si crea spesso intorno a questa domanda: la musica fatta con cuore e spirito è sempre reggae, ognuno sceglie il suo stile.

Outro-Suggerimenti per una crescita del movimento sound system/reggae?

Non mi sento nella posizione di potere, o volere, dare consigli.

Posso dirti che per quanto mi riguarda, rispetto alla scena italiana credo si siano fatti tantissimi passi in avanti con la nascita di molti sound in tutta la penisola, per quanto concerne la rappresentanza mi sembra si sia arrivati ad avere almeno un sound per regione.

Negli anni forse, però, questa crescita numerica non è stata accompagnata da una maturazione della scena; si è data troppa importanza all’organizzazione di serate con gli stessi artisti, nomi conosciuti della scena internazionale, quando si sarebbe potuto dare più spazio a nomi meno famosi e blasonati che però, grazie a quella visibilità, sarebbero potuti crescere e avrebbero potuto guadagnare maggiore spazio.

Ovviamente bisogna sempre fare i conti con le tasche, quando si organizza qualcosa, e la logica del commercio è entrata anche qui a gamba tesa.

Penso comunque che la scena sia cresciuta, e che ci siano bei sound che hanno delle ottime selezioni, e “so much things to say”. Sono nate anche molte label, e ci sono vari producer che iniziano a farsi sentire, è un’ottima cosa…..more muzik!!!

Più che un consiglio, ho la speranza che non ci sia un appiattimento stilistico sotto la forza e la spinta e l’ispirazione della scena internazionale, soprattutto inglese, e che ognuno dica la sua nel suo modo proprio.

Il sound system è un’esperienza fisica, spirituale e mentale.

Se non lo avete mai provato, datevi - e dategli - una opportunità.

Ringraziamo Viktor T per la disponibilità ed il tempo dedicatoci. Se volete approfondire la musica e la mission del collettivo Psalm vi invitiamo a seguirlo sui canali social ufficiali di Psalm Collective. Spero che abbiate gradito, e gradirete questa rubrica “Ambassadors”, alla prossima. LDB x fahbro.com


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