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Io purtroppo non c'ero.



Sembra ieri.

Ma è accaduto tanto tempo orsono.

Io avevo 15 anni.

A New York c'erano le Torri Gemelle.

Ancora non veniva progettato il primo Iphone.

Non esisteva Facebook.

Non c'erano le macchine elettriche.

Internet viaggiava ancora a pochi KB.

Vivevamo ancora per strada e non davanti a degli schermi.

Sembra ieri.

Eppure sono passati ben 20 anni.

Ma come si arriva a Genova? Come si arriva al clamore mediatico di un controvertice che oscurò lo stesso vertice dei grandi 8 del pianeta?

Non voglio fare l'intellettuale di sinistra e fare un'analisi politica 20 anni dopo.

Non voglio, né posso fare l'amarcord di quegli eventi a cui (purtroppo per età) non partecipai in maniera diretta.

Voglio solo provare a ricordare quello che sentivo allora, da poco 15enne, e quello che sono i miei (mal)umori quando sento, leggo o vedo certe testimonianze a distanza di anni.

Oggi, con il senno di poi e la maturità di un 35enne, analizzerei i fatti in maniera diversa.

Decisamente.

Ma provo a descriverli, di getto, invocando l'immatura consapevolezza del giovane 15enne che ero.

Anche se.....IO PURTROPPO NON C'ERO.

Come il testimone adolescente che visse quell'estate del 2001 con trepidante speranza.

Una speranza che non ho mai abbandonato ed è stata il fulcro e la spinta del mio attivismo.

Ero piccolo all'epoca.

Tanto, troppo piccolo, però ero già interessato a tematiche politiche e socio-economiche anche per via della musica che ascoltavo.

Il Reggae e l'Hip Hop mi spingevano a scavare in profondità, a non fidarmi ciecamente della ricchezza, a resistere all'oppressore e a prendere le difese dei più deboli.

Ecco che il popolo resistente di Seattle triggerava in me una spinta di curiosità consapevole. Da un paio di anni si parlava del popolo di Seattle, dalle famose proteste contro il WTO nel 1999.

E più o meno nello stesso periodo iniziai a leggere ‘NO LOGO‘ di Naomi Klein, quella che era considerato allora un manifesto del movimento no global.

Ma cos'era questo movimento o meglio, come si arriva a questo movimento?

Piccola digressione. Da Seattle in poi si susseguirono diverse contestazioni intorno ai vari vertici delle grandi organizzazioni neoliberiste come l'OCSE, FMI, il World Economic Forum.

Praga, Nizza, Davos, diventano i palcoscenici della mobilitazione no global.

Ma il popolo di Seattle ben presto si è strutturato ed organizzato fino a diventare un movimento.

Il movimento no global, appunto. Un conglomerato di associazioni che si opponevano alle politiche neoliberiste, alle speculazioni socio-economiche della globalizzazione, alla (mala) gestione dell'immigrazione, allo sfruttamento delle risorse ambientali.

Tutti temi centrali di un movimento che si contrappongono alla globalizzazione capitalista.

Un movimento giovane ma relativamente ben articolato.

Un movimento ambizioso che permette di far sognare noi giovani e meno giovani.

Sognare un mondo diverso.

Un futuro diverso.

Più equo.

Ed allora arriviamo in Italia.

Sempre nel 2001.

Ricordo le immagini di Napoli, durante il Global Forum.

Si inizia a parlare anche nel Belpaese di questo movimento no global e della sua portata sociale.

Una mobilitazione straordinaria.

30.000 persone circa giungono nel capoluogo campano per manifestare e dire NO a quel modello di globalizzazione.

Un modello che pone i profitti prima dei diritti.

Che sfrutta invece di tutelare. Quelle manifestazioni durante il Global Forum diedero nuova forza, vigore e consapevolezza che resistere fosse possibile.

Sterzare direzione è fattibile.

Cambiare lo status quo è un dovere.

Il Global Forum fu null'altro che una prova generale per il G8.

Da un lato le forze del disordine con la repressione schiacciante ben oltre i limiti della legalità.

Una mattanza per le strade, rastrellamenti negli ospedali in cerca di manifestanti.

Scene e testimonianze di abusi di potere.

Dall'altro il controvertice con la mobilitazione di massa, le proteste e le vetrine spaccate.

Napoli fu solo un preludio.

Un assaggio.

Appunto

Ma a Genova fu il caos. Il G8 era la vetrina giusta per il movimento, per poter alzare la voce, farsi forza delle esperienze degli ultimi due anni mettendo pressioni ai governi per cambiare direzione. Con il vento in poppa verso un mondo diverso.

Del G8 se ne parlava da mesi. Sia per la pomposità del meeting e della messa in scena del governo Berlusconi, sia per il numero delle forze dell'ordine messe in campo, sia, infine, per la portata della manifestazione del controvertice.

Nelle settimane precedenti il vertice, ci fu una campagna mediatica di vero e proprio terrorismo.

Tutti i media pronti a sbandierare possibili atti terroristici dei manifestanti,

allarmi bomba che giungevano da ogni dove, l'intelligence che metteva carne sul fuoco.

Un allarmismo mai visto.

Era partita la macchina propagandistica per screditare il movimento.

Ricordo che volevo partire per Genova.

Ma come detto precedentemente ero 15enne e avevo bisogno dell'autorizzazione dei miei genitori.

Ero in contatto con Italo Di Sabato che stava organizzando qualche bus dal Molise.

Fremevo dalla voglia di andare, di gridare, di partecipare.

Si, perchè quello che ricordo maggiormente era questo fermento.

La voglia di cambiare attraverso la politica.

La voglia di fare politica.

La voglia di partecipare, condividere e collaborare.

Purtroppo a Genova non ci andai.

Che rimpianto!!! Un rimpianto che porto tutt'ora in grembo.

Un'occasione persa.

L'occasione persa per far parte di quel movimento.

Ma quei 3 giorni caldi di Luglio li ricordo benissimo.

Ero al mare, a Campomarino, una piccola località molisana, con i miei genitori, i miei cugini e i soliti amici della comitiva estiva.

Ma la mia testa era altrove.

Non c'erano cellulari, non c'erano dirette web, non si poteva googolare le notizie.

Avevo solo la radio, quando ero in spiaggia.

E la TV appena rientravo a casa.

La accendevo sempre, prima del pranzo e poi in diretta il pomeriggio.

Seguivo le lunghe dirette e le notizie incessanti che giungevano dalle strade genovesi.

Ricordo (o almeno così mi sembra) che il venerdì pomeriggio non andai in spiaggia per seguire le vicende.

Si parlava di terribili scontri per le strade.

Le forze del disordine che seminavano caos caricando cortei autorizzati.

E la mia mente viaggiava.

Pensando a chi era lì, a chi era partito dalla mia città.

IO PURTROPPO NON C'ERO.

Poi tutto di un tratto intorno alle 18 inizia a rimbalzare nelle varie edizioni straordinarie la notizia di un manifestante morto, ucciso.

Direi assassinato.

All'inizio non si sapeva se fosse italiano, tedesco o chissà di dove.

C'era (e ci fu ancora nel corso degli anni seguenti) molta poca chiarezza sulla dinamica che portò a quello sparo.

Poi però si venne a sapere di Carlo.

Mi ricordo un vuoto in me.

Immedesimato in quel ragazzo poco più grande di me.

Sarei potuto essere io?

Sarebbe potuto essere un mio compaesano....

IO PURTROPPO NON C'ERO.

Ricordo di aver vissuto quella morte con tristezza e rabbia.

Tristezza per empatia nei confronti di quel manifestante e dei suoi familiari e di tutto il movimento scosso.

Rabbia per il solito eccesso di violenza e forza bruta da parte delle forze del disordine.

Ma poi fu anche peggio.

Del sabato ricordo le notizie con una cappa di incredulità o anche arrendevolezza.

Ormai le cariche e i lacrimogeni era all'ordine di ogni corteo.

A Genova sembrava non ci fosse più luogo un sicuro.

Tutte le manifestazioni autorizzate venivano caricate per partito preso.

Perchè c'era sempre il Blocco Nero che devastava e saccheggiava ‘dando il la‘ alle violenze della polizia.

Ma la giornata di sabato fu infinita, soprattutto quando la sera, dopo le 22 circa, iniziarono le immagini della Diaz.

Non ci fu pace per quel G8.

Immagini violente, terrificanti.

Le forze dell'ordine invece che tutelare, sembrava volessero solo offendere, colpire, picchiare.

La repressione fu spietata.

Come spietate le notizie che si diffusero negli anni seguenti su Bolzaneto.

Quei 3 giorni cambiarono il movimento no global, cambiarono il mondo, ma credo davvero che seppure IO NON C'ERO, cambiarono me radicalmente.

Ricordo che dopo i 3 giorni ero affamato di notizie su Genova.

Testimonianze.

Indagini.

Newsletter.

Video.

Articoli e fiumi di parole.

Macinai davvero ogni singolo angolo del web e di qualsiasi giornale o rivista.

Genova fu per me un trampolino di lancio verso la politica.

Genova ha smosso in me la coscienza.

Genova ha risvegliato la ricerca di una consapevolezza.

Genova è stata per me l'inizio delle mie scelte di vita.

L'interesse per il movimento no global è diventata per me una piccola ossessione, nell'accezione più positiva del termine.

Anche se oggi, 20 anni dopo, la parola No Global sembra vecchia.

Inadatta.

Però mi includo anche io in quel movimento no global che è ancora vivo e resistente.

Persone che ancora credono che la scelta di un acquisto critico sia la base per il cambiamento, che credono che un'altra globalizzazione sia e deve essere possibile se vogliamo dare futuro alla Terra, che credono di essere tutti figli della stessa Madre, senza confini o nazioni, che credono che la Natura debba essere rispettata come rispettiamo noi stessi, che credono che l'ingiustizia sociale vada combattuta con le scelte politiche radicali, che vedono l'uomo non come una "cavia" da bombardare di pubblicità e spolpare, che credono in un Mondo migliore, anche perchè questo mondo, come quello di 20 anni fa non ha lungo futuro....

Allora, anche 20 anni dopo;

anche se.....IO PURTROPPO NON C'ERO......

Oggi, come ieri, e proprio con il sennò di poi, possiamo dire che a Genova.....

Avevamo ragione NOI.



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