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Passività vs Attività

Siamo diventati esseri passivi.

Subiamo il ritmo della nostra vita frenetica senza viverla veramente.

Quante volte abbiamo letto questa frase, quante volte ci siamo soffermati su questa affermazione.

Ma poi il tempo scorre, e facciamo ben poco per cambiare le nostre abitudini. Come generazione, come epoca, siamo attori passivi senza tempo.

Un tempo di cui non siamo o meglio non sembriamo mai esserne padroni.

Aspettiamo di liberarci anche solo un minuto per scrollare condividere e mettere likes.

Continuando poi ad essere insoddisfatti e a ricercare sempre quel quid in più.

Ci sentiamo vuoti quando non siamo a lavoro, come se lavorare fosse il solo nostro scopo di esistere.

Sembra sempre che inseguiamo qualcosa o che siamo inseguiti da qualcosa.

Correre correre senza una metà.

Fare fare fare senza vivere quì ed ora.

Però anche se corriamo, in fondo, non sappiamo svolgere nulla che richieda “attività“.

Attività della mente o dell’intelletto.

Uno sforzo attivo.

Perchè siamo distratti e viviamo distratti.

Talmente distratti da non riuscire a goderci nessun momento.

Distratti dalla velocità e dalla tecnologia.

Distratti da whatsapp, dalle notifiche dei nostri cellulari.

Distratti tanto da diventare incapaci anche solo di fermarci un attimo.

Fermarci e riflettere.

Fermarci e...Dolce far nulla, dicevano.

Così distratti che anche solo leggere poche pagine di un articolo, di un giornale o di un libro diventa difficile.

Forse direi impossibile.

Ci fumiamo una sigaretta e ci distraiamo utilizzando il cellulare.

Siamo in metro e ci distraiamo utilizzando il cellulare.

Siamo seduti a cena e ci distraiamo utilizzando il cellulare.

Siamo in giro con gli amici e invece di parlare tra di noi, preferiamo chattare virtualmente.

Sembra una barzelletta ma non lo è.

Ci estraniamo con il cellulare.

Caro dottore, abbiamo la diagnosi!!!!

Siamo essere distratti e passivi vittime dell'iper-connettività.

Sentiamo l'esigenza di rimanere connessi in ogni istante.

Anche solo sbloccare il cellulare diventa compulsivo. Un gesto che compiamo inconsapevolmente senza un motivo reale.

Ma solo come riempimento.

Non riusciamo nemmeno più a sentire la musica.

Ho specificato "sentire" non "ascoltare". Con "sentire", infatti, intendo sempre l’attività del cervello, dell'atto stesso, non la passività.

Troppo spesso ascoltiamo musica mentre camminiamo, mentre corriamo,

mentre facciamo le pulizie di casa, mentre siamo al lavoro o mentre siamo in macchina.

Ma l’ascolto è passivo e in questi casi la musica è solo un sottofondo.

Presente, con noi, ma a cui non facciamo troppa attenzione.

Salvo rari casi in cui riusciamo a canticchiare un testo o una melodia.

Il "sentire" invece implica un coinvolgimento emotivo e intellettivo.

Un'attenzione al gesto che stiamo compiendo, all'azione che stiamo svolgendo.

Soffermarsi sui suoni, sui contenuti, sulle parole e sulle sfumature.

Soffermarsi sui titoli delle canzoni e comprenderne le metafore, le allegorie o il messaggio più o meno implicito.

Calarci nella parte dell’artista e immedesimarsi nel suo viaggio.

Un viaggio che vuole condividere con noi.

Perchè non sappiamo più goderci il tempo, ma preferiamo riempire il tempo.

Perchè passiamo, anzi trascorriamo il tempo, ma non lo viviamo veramente.

Nel tempo che viviamo ci sono momenti concitati e momenti rilassati.

Momenti vuoti e momenti carichi e densi.

Ma stare nel momento richiede affrontare anche i vuoti.

Vivere questi tempi vuoti comporta inevitabilmente relazionarci con noi stessi, con le nostre paure e i nostri dubbi.

Per questo rifiutiamo questi momenti vuoti, questi spazi liberi del tempo.

Sentiamo il dovere di riempire ogni attimo vuoto, ogni momento libero.

Non sappiamo rimanere da soli, perchè abbiamo paura.

Non riusciamo a restare disconnessi.

Perchè vivere il presente significa anche provare la noia.

e perchè mai abbiamo paura della noia, del vuoto, del silenzio?

La noia ci costringe a farci domande, elaborare pensieri, sfruttare la creatività.

La noia ci costringe alla proattività.

Perché la noia ci spinge a pensare.

Ci costringe a riflettere.

La noia non è negativa, mai. Perché dalla noia nascono riflessioni, spunti, idee, progetti.

Perchè attraverso la noia ci rimettiamo in movimento.

Di nuovo.

E proprio cosi, in una cadenza ciclica dovremmo vivere il tempo.

Prendere coscienza del tempo.

Ci sono pause che generano ripartenze, contrazioni che provocano distensioni, momenti concitati dopo attimi vuoti.

Allora non lasciamoci prendere dalla compulsività dei social, dalla frenesia della produttività.

Non abbandoniamoci all'istinto del navigare senza un perchè;

come ignavi digitali che vagano in un cyberspazio virtuale schiavi di pubblicità e links.

Abbandoniamo l'ansia di dover colmare momenti vuoti.

Abbandoniamo la necessità irrazionale di dover "fare" qualcosa sempre.

Abbandoniamo tutta la passività con cui affrontiamo il tempo.

Perchè esso scorre e non possiamo fermarlo.

Allora non dobbiamo subirlo, ma condurlo.

"Spenderlo" attivamente come meglio crediamo e possiamo.

Anche vivere i suoi "vuoti" richiede un'attività, uno sforzo intellettivo e consapevole.

E visto che su di esso abbiamo poco controllo, allora è meglio che iniziamo a viverlo.

In tutta la sua pienezza.

In tutta la sua interezza.

Senza troppe distrazioni.



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